Domande
e
Risposte


 

Una paginetta veloce veloce con le risposte alle domande più frequenti (in gergo tecnico F.A.Q.) sulle tematiche degli impatti e dei corpi pericolosi per il nostro Pianeta.
Perchè le risposte fossero il più attendibili possibile ho pensato di sfruttare, naturalmente con regolare permesso, una pagina preparata da un vero esperto del settore, il dr. David Morrison (Responsible NASA Official - Ames Space Science Division), che ringrazio nuovamente per la cortesia.
Chi volesse leggere la versione originale può trovarla (assieme ad una infinità di altre notizie relative alle problematiche dell'impatto) nel sito NASA Ames Space Science Division.
E' chiaro che questa pagina non ha la pretesa di esaurire tutte le problematiche in un flash, ma è stata pensata per chi ha fretta, vuole risposta chiare e veloci e... non ha voglia di leggere il resto delle mie pagine.

E se tra le domande non c'è quella che mi interessa?
Non diciamolo troppo in giro, ma resta sempre la possibilità di mandarmi una e-mail con una domanda specifica, costringendomi in tal modo a tentare di dare la risposta, magari inventandomi una apposita pagina parallela a questa...

Un'ultima annotazione: dove andrebbe a finire la serietà e l'intento didattico del sito senza la presenza di una pagina di F.A.Q.?

 


 

1. Cos’è un N.E.O.?
I Near Earth Objects (= Oggetti Vicini alla Terra) sono piccoli corpi del Sistema Solare (asteroidi e comete di breve periodo) con orbite che con regolarità li conducono nei pressi della Terra e che, pertanto, potrebbero essere coinvolti nell'impatto con il nostro pianeta.  Talvolta il termine N.E.O. è utilizzato in senso più ampio comprendendo tutte le comete (dunque non solo quelle a corto periodo) che attraversano l’orbita della Terra.  Quei N.E.O. le cui orbite intersecano attualmente l’orbita della Terra sono chiamati  E.C.O. (Earth-Crossing Obiect).

2. A quali dimensioni i N.E.O. sono pericolosi?
L’atmosfera terrestre ci protegge dalla maggioranza dei N.E.O. con dimensioni inferiori a un piccolo caseggiato (diametro di 50 metri, o energia d’impatto di circa 5 megaton).  Da queste dimensioni fino a circa 1 km di diametro l’impatto di un N.E.O. può arrecare enormi danni su scala locale. Se l’energia dell' impatto supera un milione di megaton (oggetto con diametro di circa 2 km), l’evento produrrà gravissimi danni ambientali su scala globale.  La probabile conseguenza potrebbe essere un "inverno da impatto" con la distruzione di ogni coltivazione su tutto il pianeta e il conseguente stato di carestia e malattie.  Un impatto ancora più energetico potrebbe causare estinzioni di massa, quale quella che pose fine all’epoca dei dinosauri 65 milioni di anni fa (15 km di diametro e circa 100 milioni di megaton).

3. Quanti N.E.O. ci sono?
Sono molto più numerosi i N.E.O. di piccole dimensioni rispetto a quelli grandi.   Gli astronomi valutano che ci siano approssimativamente 1000 N.E.A. (Near Earth Asteroids) con diametro maggiore di 1 km e circa un milione con diametro più grande di 50 metri (è la soglia di penetrazione attraverso l’atmosfera terrestre).   I  N.E.A. di maggiori dimensioni hanno un diametro inferiore a 25 km.   Probabilmente le comete sono più numerose dei N.E.A., ma esse trascorrono la maggior parte della loro esistenza a grandi distanze dal Sole e dalla Terra, cosicché contribuiscono solo per circa il 10% al calcolo degli oggetti che potrebbero colpire il nostro pianeta.

4. Chi sta indagando sui N.E.O.?
Ci sono molti gruppi di astronomi in ogni parte del mondo che scrutano il cielo con strumenti di ripresa elettronici alla ricerca dei N.E.O., ma questo sforzo coinvolge complessivamente meno di 100 persone.  La ricerca dei N.E.O. che sta dando maggiori frutti è il programma LINEAR del MIT Lincoln Lab, svolto in New Mexico con l’appoggio dell’US Air Force e della NASA.  Il gruppo LINEAR, che impiega per la ricerca due telescopi di un metro di apertura, ha scoperto nel 1999 e nel 2000 più N.E.O. degli altri gruppi di ricerca messi assieme.  Altri gruppi attivi in questa ricerca sono il programma di ricerca NEAT alle Hawaii, condotto congiuntamente dal NASA Jet Propulsion Lab e dall’US Air Force, il programma Spacewatch dell’Università dell’Arizona, sostenuto dalla NASA e dal supporto di privati, il programma LONEOS dell’Osservatorio Lowell a Flagstaff in Arizona, sostenuto dalla NASA, e il programma Catalina Sky Survey a Tucson in Arizona, anch’esso sostenuto dalla NASA.    Altri programmi di ricerca negli USA, in Francia, Giappone e Cina contribuiscono alla scoperta dei N.E.O., mentre altri astronomi (molti dei quali non professionisti) completano le scoperte con osservazioni astrometriche di supporto.

5. Si prevede che qualche N.E.O. colpisca la Terra?
La Terra è stata colpita nel corso della sua storia, e certamente lo sarà ancora nel futuro, senza che noi probabilmente possiamo intraprendere alcuna azione per difenderci.   Ma nessuno dei N.E.O. conosciuti è in rotta di collisione con la Terra.   Tutti i N.E.O. conosciuti e le loro posizioni calcolate per il futuro sono disponibili senza restrizioni a chiunque abbia un accesso a Internet.  Alla fine del 2000 gli astronomi avevano scoperto circa la metà dei N.E.A. di maggiori dimensioni (diametro superiore a 1 km). Purtroppo, però, rimane ancora sconosciuta la rimanente metà, e questo rende impossibile poter prevedere il prossimo impatto, dato che potrebbe essere causato proprio da un oggetto oggi sconosciuto.

6. Qual è il rischio di un impatto?
Noi non sappiamo quando avverrà il prossimo impatto di un N.E.O., ma possiamo calcolarne le probabilità.  Statisticamente, il maggiore pericolo proviene dai N.E.O. con energia di circa un milione di megaton (diametro di circa 2 km).  In media un oggetto di questo tipo collide con la Terra circa un paio di volte ogni milione di anni, producendo una catastrofe globale in grado di uccidere una sostanziale (ma sconosciuta) frazione della popolazione umana.  Valutazioni statistiche come questa, espresse in termini individuali, ci portano a concludere che ciascuno di noi ha circa una possibilità su 20.000 di morire in conseguenza di una collisione.  Queste statistiche sono interessanti, ma non ci dicono, ovviamente, quando avverrà il prossimo catastrofico impatto, se sarà l’anno prossimo o tra un milione di anni.

7. Quanto preavviso potremo avere?
Visto che almeno la metà dei N.E.O. più grandi resta ancora da scoprire, il tempo di preavviso attualmente potrebbe anche essere nullo…  Magari l'unica indicazione di una collisione potrebbe essere un flash luminoso e una scossa di terremoto proprio nel momento dell’impatto.   Se le attuali ricerche scoprissero un N.E.O. in rotta di collisione con la Terra, potremmo però avere ancora molti decenni di tempo prima dell'impatto.  Ciascun N.E.O. destinato a colpire il nostro pianeta, infatti, sfiorerà molte volte la Terra prima di colpirla, e dunque dovrebbe essere scoperto grazie a completi programmi di ricerca (proprio questo è il motivo che sta alla base di Spaceguard Survey).  E' evidente, perciò, che potremmo avere un lungo preavviso, ma anche non averne affatto.

8. Come possiamo proteggerci?
Gli impatti cosmici sono, tra tutti i maggiori rischi naturali, gli unici dai quali potremmo in teoria effettivamente proteggerci deviando (o distruggendo) il N.E.O. prima che colpisca la Terra.  Il primo passo in ciascun programma di difesa planetaria è la scoperta dei N.E.O.: non possiamo proteggerci da qualcosa di cui ignoriamo l’esistenza.  Ci occorre anche un tempo di preavviso sufficientemente lungo, almeno un decennio, per inviare una sonda spaziale ad intercettare l’oggetto e deviarne la rotta. Sono stati studiati in via preliminare molti schemi di difesa, ma per nessuno si è scesi nei particolari. In assenza di una difesa attiva, la conoscenza preventiva del momento e del luogo dell’impatto ci potrebbero consentire almeno lo stoccaggio del cibo e l’evacuazione della regione circostante al punto d’impatto, interessata dal danno maggiore.

9. Cosa sta facendo in merito il governo? (n.d.t.: americano)
Il Congresso USA ha posto attenzione allo studio del rischio d’impatto (nel 1993 e nel 1998), e sia la NASA che l’US Air Force stanno sostenendo i programmi di ricerca dei N.E.O.  Nel 1998 la NASA diede origine a Spaceguard Survey ponendosi come obiettivo l’identificazione del 90% dei N.E.O. con diametro maggiore di 1 km entro i successivi 10 anni (vale a dire entro la fine del 2008).  Nello stesso anno la NASA costituì anche un N.E.O. Program Office, e si prevede che ogni anno verranno destinati almeno 3 milioni di dollari a programmi di ricerca e di calcolo delle orbite dei N.E.O.   Altri governi hanno espresso preoccupazione in merito al rischio-N.E.O. ma nessuno ha ancora iniziato un programma di ricerca a largo raggio o di studio sui metodi di difesa.  In Europa è sorta su iniziativa privata la Spaceguard Foundation, che promuove la ricerca internazionale dei N.E.O.; analogo interesse a livello internazionale è promosso anche dall’Unione Astronomica Internazionale e dalle Nazioni Unite.

10. Cosa si può dire degli impatti minori e più frequenti?
Spaceguard Survey e gran parte delle ricerche e dello studio di orbite da essa coordinate riguardano gli Asteroidi con diametro maggiore di 1 km, con dimensioni, cioè, in grado di produrre una catastrofe ecologica globale nel caso in cui uno di essi colpisse la Terra.  Ma vi è un maggior numero di N.E.O. più piccoli e non ancora scoperti, e noi pensiamo che la Terra - da qualche parte - sarà probabilmente colpita, entro i prossimi due secoli, da qualcuno di essi sviluppando un’energia equivalente ad una bomba nucleare di grosse dimensioni.  L’ultimo impatto di questo tipo avvenne nel 1908 in Siberia (Tunguska) con un’energia stimata di 15 megatoni.  Oggi non è alla portata della nostra tecnologia rilevare e difenderci da oggetti così piccoli, ma si spera che potremo farlo nel prossimo futuro.  In ogni caso il rischio che ciascuno di noi corre di incappare in un evento tipo-Tunguska è molto piccolo, molto inferiore a quello di un grande impatto, e tutto sommato inferiore al rischio legato ai più comuni rischi naturali, quali terremoti o violente tempeste.

 

David Morrison, September 2000
( Traduzione di Claudio Elidoro, Marzo 2001 )

 


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